di Nadia Amaroli
La
scuola elementare di Casaralta, oggi IC 15, ha visto passare tutti i bambini
della zona, ma noi eravamo speciali: in pieno sessantotto eravamo IL tempo
pieno, la prima sperimentazione tentata a Bologna. Eravamo orgogliosi di far
parte di quella avventura e non ci preoccupava star a scuola più degli altri: a
scuola ci divertivamo. Facevamo il giornalino col ciclostile, dipingevamo le
strisce pedonali in giardino per il progetto di sicurezza stradale, andavamo a
vedere come si producono i giocattoli e come si imbottiglia il latte,
piantavamo fagioli,... e, in più, imparavamo.
LA 5C ANNO 1972 |
Un
giorno venne Ciari, l'ideatore del tempo pieno, un signore di mezza età
rubicondo e sorridente che ci deliziò con una lezione sul sistema circolatorio.
Ci incantò con un macchinario in cui si mostrava all'interno di una sagoma
metallica dalla forma umana, il sangue arterioso (rosso) muoversi in senso
orario in tutto il corpo, mentre quello venoso (blu) si muoveva un senso
antiorario, entrando nel cuore di un colore ed scendone di un altro: in
pratica una animazione, ma realizzata in modo esclusivamente meccanico, una
vera meraviglia. Penso di dovere a quella lezione specialissima la passione per
il lavoro che faccio oggi: riuscire ad incantare i propri studenti, lasciarli a
bocca aperta, senza parole, con negli occhi la luce di chi ha finalmente
scoperto cosa c'è dietro quello che fino a poco prima era un mistero.
A
parte queste opportunità, eravamo in tutto come gli altri piccoli studenti.
Si
andava col grembiule, bianco per le bambine e nero per i maschi, e con un
nastro colorato che non stava mai fatto. Il colore del nastro distingueva le
classi e noi ci identificavano con quel colore. Noi eravamo “i nastri azzurri”
e non ci piacevano “i nastri rossi”, quelli del “secondo” tempo pieno, più
piccoli di noi.
Si
andava anche il sabato mattina; d'altra parte anche i nostri genitori il sabato
mattina lavoravano.
I
banchi erano erano in formica azzurrina con un buco rotondo in alto a destra
per l'inchiostro.
Arrivati
in terza si poteva finalmente usare il pennino intingendolo nel calamaio con
l'inchiostro nero. Quante macchie sui grembiuli bianchi! Quante sgridate una
volta a casa! Magari a metà del dettato finiva l'inchiostro e la bidella
arrivava con un piccolo attrezzo di metallo con l'imboccatura lunga e sottile
per riempirlo. La bidella! La “dada L.”, la più cattiva della scuola, quella da
cui non saresti mai voluto andare a chiedere nulla: né la carta per il bagno
(rigorosamente di giornale, alla faccia del piombo) né il gesso per la lavagna.
Una volta si tinse i capelli biondi: forse voleva sembrava più gentile, invece
sembrava ancora più cattiva ma forse era solo il suo carattere.
In
quarta si passò alla mitica “BICnerodichinapuntafine”, rigorosamente
pronunciato tutto d'un fiato. Ma la tecnologia nulla potè contro le macchie di
inchiostro: nel candore del grembiule spiccava un triangolo nero dal fondo
della tasca in cui si era dimenticata la penna.
L'ultimo
anno facemmo la “settimana verde” nella piccola scuola di Casaglia ormai vuota.
Indimenticabile! Partivamo la mattina col pulmino e, cantando improbabili
canzoni sulle bellezze italiane e le “lasagne verdi” arrivavamo in questa
scuola, senza cartella, con solo un block notes e una penna. A parte una volta
un dettato, non facevamo attività classiche: esploravamo il territorio (i
calanchi), facevamo lunghe passeggiate, misuravamo gli ambienti della scuola,
disegnavamo dal vero. Il venerdì, dopo pranzo (ma chi ce lo portava?) rimanemmo
sdraiati nell'erba ad ascoltare per radio Lelio Luttazzi e la sua “Hit parade”,
esultando ed inveendo per la classifica. Per l'ultimo giorno preparammo una
rappresentazione. Eravamo scrittori, sceneggiatori, scenografi, registi,
attori, cameramen, tecnici del suono, pubblico: tutto insieme, tutti insieme.
Senza ruoli fissi e senza altro scopo se non rappresentarlo per noi.
Fu
un'esperienza unica, con insegnanti una spanna sopra la media, che sono riuscite
a creare un gruppo coeso che ha resistito negli anni: ancor oggi i miei
migliori amici sono i miei compagni delle elementari.
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