giovedì 28 gennaio 2016

La 5C alle scuole "Casaralta"


di Nadia Amaroli

La scuola elementare di Casaralta, oggi IC 15, ha visto passare tutti i bambini della zona, ma noi eravamo speciali: in pieno sessantotto eravamo IL tempo pieno, la prima sperimentazione tentata a Bologna. Eravamo orgogliosi di far parte di quella avventura e non ci preoccupava star a scuola più degli altri: a scuola ci divertivamo. Facevamo il giornalino col ciclostile, dipingevamo le strisce pedonali in giardino per il progetto di sicurezza stradale, andavamo a vedere come si producono i giocattoli e come si imbottiglia il latte, piantavamo fagioli,... e, in più, imparavamo.

LA 5C ANNO 1972
Un giorno venne Ciari, l'ideatore del tempo pieno, un signore di mezza età rubicondo e sorridente che ci deliziò con una lezione sul sistema circolatorio. Ci incantò con un macchinario in cui si mostrava all'interno di una sagoma metallica dalla forma umana, il sangue arterioso (rosso) muoversi in senso orario in tutto il corpo, mentre quello venoso (blu) si muoveva un senso antiorario, entrando nel cuore di un colore ed scendone di un altro: in pratica una animazione, ma realizzata in modo esclusivamente meccanico, una vera meraviglia. Penso di dovere a quella lezione specialissima la passione per il lavoro che faccio oggi: riuscire ad incantare i propri studenti, lasciarli a bocca aperta, senza parole, con negli occhi la luce di chi ha finalmente scoperto cosa c'è dietro quello che fino a poco prima era un mistero.

A parte queste opportunità, eravamo in tutto come gli altri piccoli studenti.

Si andava col grembiule, bianco per le bambine e nero per i maschi, e con un nastro colorato che non stava mai fatto. Il colore del nastro distingueva le classi e noi ci identificavano con quel colore. Noi eravamo “i nastri azzurri” e non ci piacevano “i nastri rossi”, quelli del “secondo” tempo pieno, più piccoli di noi.

Si andava anche il sabato mattina; d'altra parte anche i nostri genitori il sabato mattina lavoravano.

I banchi erano erano in formica azzurrina con un buco rotondo in alto a destra per l'inchiostro.

Arrivati in terza si poteva finalmente usare il pennino intingendolo nel calamaio con l'inchiostro nero. Quante macchie sui grembiuli bianchi! Quante sgridate una volta a casa! Magari a metà del dettato finiva l'inchiostro e la bidella arrivava con un piccolo attrezzo di metallo con l'imboccatura lunga e sottile per riempirlo. La bidella! La “dada L.”, la più cattiva della scuola, quella da cui non saresti mai voluto andare a chiedere nulla: né la carta per il bagno (rigorosamente di giornale, alla faccia del piombo) né il gesso per la lavagna. Una volta si tinse i capelli biondi: forse voleva sembrava più gentile, invece sembrava ancora più cattiva ma forse era solo il suo carattere.

In quarta si passò alla mitica “BICnerodichinapuntafine”, rigorosamente pronunciato tutto d'un fiato. Ma la tecnologia nulla potè contro le macchie di inchiostro: nel candore del grembiule spiccava un triangolo nero dal fondo della tasca in cui si era dimenticata la penna.


L'ultimo anno facemmo la “settimana verde” nella piccola scuola di Casaglia ormai vuota. Indimenticabile! Partivamo la mattina col pulmino e, cantando improbabili canzoni sulle bellezze italiane e le “lasagne verdi” arrivavamo in questa scuola, senza cartella, con solo un block notes e una penna. A parte una volta un dettato, non facevamo attività classiche: esploravamo il territorio (i calanchi), facevamo lunghe passeggiate, misuravamo gli ambienti della scuola, disegnavamo dal vero. Il venerdì, dopo pranzo (ma chi ce lo portava?) rimanemmo sdraiati nell'erba ad ascoltare per radio Lelio Luttazzi e la sua “Hit parade”, esultando ed inveendo per la classifica. Per l'ultimo giorno preparammo una rappresentazione. Eravamo scrittori, sceneggiatori, scenografi, registi, attori, cameramen, tecnici del suono, pubblico: tutto insieme, tutti insieme. Senza ruoli fissi e senza altro scopo se non rappresentarlo per noi.

Fu un'esperienza unica, con insegnanti una spanna sopra la media, che sono riuscite a creare un gruppo coeso che ha resistito negli anni: ancor oggi i miei migliori amici sono i miei compagni delle elementari.

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